Si vota per la Regione, si vota per Viareggio, si vota per Pietrasanta. Se c’è un posto in Toscana dove l’appuntamento elettorale del 31 maggio lascerà un segno profondo è la Versilia. Non solo per l’importanza dei due comuni in cui i cittadini sono chiamati a scegliere il nuovo sindaco. Viareggio e Pietrasanta sono le città che più di tutte, tra il mare e lo sfondo delle Apuane, hanno dovuto fare i conti con problemi finanziari pesantissimi. Pietrasanta, malgrado la crisi economica generale che ha contrassegnato gli ultimi anni, è riuscita a tenere la barca a galla e a farla andare, Viareggio no. Nella Piccola Atene della Versilia – come è stata denominata nel 1995 dall’allora ministro dei beni culturali Antonio Paolucci – la campagna elettorale è in qualche modo normale: i candidati, pur consapevoli dei vincoli di bilancio con cui dovranno fare i conti ancora per molti mesi, possono confrontarsi parlando di tasse, servizi, modelli di sviluppo differenti. A Viareggio tutto questo è impossibile. È qui, in quella che una volta si chiamava la Perla del Tirreno, che la politica deve misurarsi con una situazione inedita e drammatica. In un comune commissariato, che per i prossimi anni dovrà rimanere sotto la tutela del triumvirato nominato dal ministero delle finanze, senza soldi da investire, è davvero difficile indicare un progetto di città, appassionare gli elettori, prospettare soluzioni concrete ai problemi grandi e piccoli. Da oggi la campagna elettorale inizia ufficialmente. I candidati sono tanti (sette a sindaco, addirittura 474 al consiglio comunale), i problemi davanti giganteschi, spazio per demagogia e false promesse zero. Dopo lo spettacolo penoso messo in scena negli ultimi anni, di fronte a una montagna di debiti che aumenta di settimana in settimana, Viareggio ha bisogno di idee chiare, competenza e serietà. Stavolta è davvero vietato sbagliare.

Il Tirreno, 3 maggio 2015

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